141

Angelo Morbelli
(Alessandria, 1854 - Milano, 1919)

Entremets. Mi ricordo quando ero fanciulla, 1905

Olio su tela
cm. 67x107

Firmato e datato in basso a sinistra sul lembo della tovaglia: “Morbelli 1905.” 

Sul telaio, in rosso, la scritta: “107 x 66 1/2

 

Provenienza: collezione privata; già, Torino, collezione Cesare Scarabello; indi Napoli, collezione privata.

 

Esposizioni: 1953, Alessandria, Pinacoteca Civica, Mostra Commemorativa del pittore Angelo Morbelli (1853-1919), Sala seconda, n. 44 con il titolo Refettorio.

 

Bibliografia: Mostra Commemorativa del pittore Angelo Morbelli (1853-1919), catalogo della mostra a cura di A. Mensi, Alessandria 1953, p. 28 n. 44, tav. fuori testo.

A. Mensi, in Mostra Commemorativa del pittore Angelo Morbelli (1853-1919), catalogo della mostra a cura di A. Mensi, Alessandria 1953, p.10.

A. Lancellotti, Morbelli, in “Realtà Politica”, 4 luglio 1953.

E. Zanzi, La mostra di Angelo Morbelli nel centenario della nascita, in “Corriere del Popolo”, 24 ottobre 1953.

Perrone, Un maestro del divisionismo italiano. Mostra commemorativa di Angelo Morbelli, in “Il Secolo”, 7 novembre 1953.

Archivi del Divisionismo, a cura di T. Fiori con introduzione di F. Bellonzi, vol. II, Roma 1968, n. VI. 101 p. 113, ill. n. 1478 s. p. (con le misure 66,5 x 107)

A. Mensi, Angelo Morbelli (1853-1919), Alessandria 1970, p. 10 e tav. n. XI.

 

 

Fino ad oggi sostanzialmente sconosciuto alla critica moderna poiché noto solo attraverso un’immagine in bianco e nero pubblicata sul catalogo della mostra commemorativa allestita nel 1953 nelle sale della Pinacoteca Civica di Alessandria in occasione del centenario della nascita di Angelo Morbelli, esposizione nella quale l’opera era presentata da Arturo Mensi con il titolo Refettorio, il dipinto, datato 1905, condotto mediante un linguaggio divisionista calcolato e maturo, è la seconda redazione di Entremets. Mi ricordo quand’ero fanciulla (Tortona, Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona), tela licenziata da Morbelli nel 1903 ed esposta nel corso del medesimo anno alla V Mostra Internazionale della città di Venezia all’interno de Il poema della vecchiaia, ciclo realizzato espressamente per la rassegna veneziana comprensivo di altre cinque tele - Vecchie calzette, Il Natale dei rimasti, Siesta invernale, I due inverni e La sedia vuota -, che riproponeva motivi e spunti pittorici tratti dalla vita dei ricoverati al Pio Albergo Trivulzio sui quali l’artista alessandrino già aveva operato nel corso degli anni ottanta e novanta dell’Ottocento.

Come documenta uno scatto fotografico pubblicato su “Cosmos Illustrato”, rivista che nel settembre del 1903 aveva dedicato un numero speciale alla Biennale di Venezia, Entremets. Mi ricordo quand’ero fanciulla era collocato in una posizione preminente, al centro del ciclo del poema - i sei dipinti erano disposti su due file -, al di sopra de Il Natale dei rimasti, del quale costituiva, anche per le dimensioni, il pendant. (cfr. L. Callari, La V Esposizione di Belle Arti di Venezia, in “Cosmos Illustrato”, fasc. 9, settembre 1903, p. 872)

Soggetto dell’opera, commentava allora il critico Luigi Callari sulle pagine della rivista, “è una vasta scena di refettorio illuminato dalla potente e allegra luce del sole che entra da un finestrone nel fondo; nel primo piano del quadro c’è un gruppo delle capi-tavola ove la conversazione sembra più viva, anzi ad una di esse si è sciolta la lingua all’ombra dei ricordi giovanili e comincia la narrazione di un’avventura, forse amorosa. L’uditorio sembra attento, meno una vecchietta che piega il capo grave d’età e alla quale forse è suonato l’ultimo giorno di vita.” (Ivi, p. 875)

Parole, quelle del critico, che possono ben adattarsi anche alla redazione in oggetto, praticamente identica a quella esposta a Venezia se si esclude il particolare, assente nella nostra tela, dei piatti bianchi impilati sulla tavola proprio dinnanzi alla vecchina che, ispirata dal sapore di un dolce, un entremets appunto, ricorda e racconta con commozione i giorni lieti del proprio passato, purtroppo, fugaci anch’essi come il raggio di sole che illumina la stanza in penombra. Tuttavia, la luce del sole ricordata da Callari come “allegra e potente”, vera e propria co-protagonista del dipinto, in realtà non proviene, e ciò in entrambe le redazioni dell’opera, dall’ampia finestra sul fondo del refettorio, ma da un’altra fonte, esterna alla scena. Infatti, il fascio di luce che illumina ed evidenzia l’episodio narrato mettendo a fuoco l’espressione dei volti e l’individualità delle singole figure in primo piano, figure che vengono così a staccarsi nettamente dall’anonima teoria di vecchine sedute alle loro spalle che con il cromatismo rossastro dei loro scialli scandiscono la parete di fondo del refettorio accentuando l’andamento orizzontale del dipinto, non proviene dal finestrone che illumina fiocamente queste ultime, ma da un’altra finestra o, forse, da una porta a vetri, collocata fuori campo. Probabilmente dalla stessa grande porta a vetri che compare, invece, in un’altra scena ambientata in un refettorio femminile inondato di luce, un dipinto eseguito da Morbelli intorno al 1890, oggi di proprietà della Galleria d’Arte Moderna di Firenze, che può considerarsi il vero e proprio prototipo di Entremets. Mi ricordo quand’ero fanciulla; lavoro, quello del museo fiorentino, nato in pieno clima verista, che risulta certamente più luminoso e descrittivo nella resa dell’ambiente e delle figure rispetto alle redazioni del 1903 e del 1905 in oggetto, le quali, tuttavia, grazie ad un uso sapiente e misurato della luce, si rivelano, invece, fortemente evocative.

Ciò poiché, al di là dei singoli episodi narrati, al di là delle storie individuali dei vecchietti del Pio Albergo Trivulzio, al di là del bagaglio emotivo incombente su di ciascuno di loro - uomini e donne che Morbelli aveva conosciuto di persona avendo attrezzato alla fine del 1901 il proprio atelier all’interno dello stesso Trivulzio -, Il poema della vecchiaia, in perfetta sintonia con la poetica di un divisionismo cui non mancano connotazioni simboliste, si impone come una profonda meditazione dell’artista sulla vita, sulla morte, sulla sua ineluttabilità e quindi sul senso generale dell’intera esistenza. Eseguita su commissione subito dopo la vendita della tela del 1903, la redazione di Entremets. Mi ricordo quand’ero fanciulla in oggetto, mai esposta in pubblico vivente l’autore, rimasta nella medesima collezione privata fino al 1970 e data successivamente per dispersa, riappare oggi dopo decenni di oblio.

 

Ottobre 2018 

 

Giovanni Anzani, Elisabetta Chiodini


€ 100.000,00 / 150.000,00
Stima
Offerta Libera
Valuta un'opera simile