ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA - II

304

Ottone Rosai ©  
(Firenze, 1895 - Ivrea, 1957)

Autoritratto, 1945

Olio su tela
cm. 60,5x50

Firma e data in basso a destra. Sul verso: a pastello nero "259" [numero di carico dell'eredità Rosai); etichetta Mostra 1983, Ministero per i Beni Culturali e ambientali. Esposizioni: 1948, XXIV Biennale di Venezia, Sala XXVII, Venezia (cat. p. 114, n. 30); 1976, Omaggio a Ottone Rosai, 28 febbraio, Galleria Santacroce, Firenze, (ripr. in cat., p. 16, tav. 6); 1983, Ottone Rosai opere dal 1911 al 1957, aprile - maggio, Palazzo Graneri,Torino (ripr. in cat., p. 141, n. 90); 1983, Ottone Rosai opere dal 1911 al 1957, 20 luglio - 18 settembre, GNAM, Roma (ripr. in cat., p. 155, n. 98); 1983, Ottone Rosai opere dal 1911 al 1957, 13 novembre - 18 dicembre, Palazzo Strozzi, Firenze (ripr. in cat. p. 155, n. 98); 2018, Ottone Rosai/Ritratti e autoritratti Un dialogo con Bacon e Baselitz, 9 agosto - 2 settembre, Farsettiarte, Cortina d'Ampezzo; 2018, Ottone Rosai/Ritratti e autoritratti Un dialogo con Bacon e Baselitz, 20 settembre - 10 ottobre, Galleria Frediano Farsetti, Milano (ripr. in cat. 41, n. 12).

Nel video dello storico cinegiornale La Settimana Incom del 23 giugno 1948, ("Biennale d'Arte a Venezia: il padiglione italiano"), è documentata la presenza dell'opera in tale manifestazione.

Autentica di Giovanni Faccenda su foto.


In principio fu il grido dipinto da Munch nel 1893 a dar conto di un disagio esistenziale che avrebbe investito il Novecento come onda di piena. Un misto di assilli, ansie, sofferenze, remote premonizioni, difficili da spiegare anche da chi ne sia scosso internamente, che ritroviamo, poco più di un decennio dopo, in alcuni disegni presentati da Lorenzo Viani alla VII Biennale di Venezia. Non tarderà molto che un altro toscano, Ottone Rosai, acceso di curiosità per tutto quanto riguardi le complicazioni sepolte negli abissi dell’anima, giunga a plasmare un’umanità nuova, destinata a restare come uno dei simboli più toccanti e autentici del ventesimo secolo. […] La guerra, un’altra guerra mondiale – la seconda –, ancora più catastrofica, aggrava la sua rabbia con la sorte. Mentre l’Italia segue attonita il progredire di sviluppi inesorabili, nuovo fuoco ravviva dentro lui con vampa dirompente. Si svuotano caffè, osterie, case e strade: gli uomini riparano in rifugi d’occasione, stipati fino all’inverosimile. Uno spettro, quella calca, quella «carne da macello» 1 , che colpisce in tanti dipinti di figura del periodo: diario sofferto originato da un’analisi sempre più esasperata. Gli Autoritratti, in particolar modo, risulteranno fondamentali per Francis Bacon. Nel 1962, durante un’intervista televisiva presso il maggior canale d’informazione d’Oltremanica, alla domanda quale fosse stato l’artefice che avesse maggiormente attirato il suo interesse, egli rispose: «Non esito a fare il nome di Ottone Rosai, uno fra i più grandi pittori di questo secolo: soprattutto gli Autoritratti e i Nudi, che egli ha dipinto negli anni Quaranta, hanno generato in me profonde riflessioni e non pochi trasalimenti». Di questa stima, rimasta ai più sconosciuta, ebbe significativa dimostrazione anche Nino Tirinnanzi – allievo di Rosai come Caponi –, il quale, durante un viaggio a Londra, si trovò casualmente a incontrare il celebre maestro dell’espressionismo anglosassone. Raccontava il pittore grevigiano che, durante la conversazione, udito il genere di vicinanza avuta con Rosai dal suo occasionale interlocutore, Bacon lo interruppe bruscamente: «Sapesse quanto l’ho ammirato e quanto i suoi quadri degli anni Quaranta siano stati decisivi per la mia formazione! Ora le faccio vedere…» Mentre la frase restava a mezz’aria, insieme alla curiosità dell’ospite, Bacon si alzò dalla poltrona e, avvicinatosi alla sua libreria, con aria compiaciuta estrasse proprio il catalogo di una mostra di Rosai.


Giovanni Faccenda


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