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Rutilio Manetti
(Siena, 1571 - 1639)

Il Tempo strappa le ali ad Amore, 1629

Olio su tela
cm. 216x143

In basso a sinistra: sigla dell'autore e data di esecuzione dell'opera.

Expertise del Prof. Marco Ciampolini. 


Dipinto digrande forza espressiva, tratta il tema della punizione di Amore, soggettoamato dalla pittura caravaggesca e dallo stesso Caravaggio, che, come sappiamodalla corrispondenza fra i fratelli Deifebo e Giulio Mancini, aveva realizzatoun soggetto del genere, acquisito dal cardinal Francesco Maria Del Monte e oggidisperso (cfr. Michele Maccherini, Novità su Bartolomeo Manfredi nel carteggiofamiliare di Giulio Mancini: lo “Sdegno di Marte” e i quadri di Cosimo IIgranduca di Toscana, in “Prospettiva”, 93-94, 1999, p. 131). Nelle varieinterpretazioni del tema Amore può essere punito da Marte, oppure, con maggiorrisvolto morale, dal Tempo, come nel dipinto in esame. Elemento pressochécostante del soggetto è la fi gura di Venere, che, disperata, tenta di frenarel’azione del Tempo. Nell’opera in oggetto il Tempo, Amore e Venere si staglianosu di un fondo scuro in una composizione che ha uno sviluppo longitudinale. Unaluce imparziale evidenzia con identico nitore la carnagione decrepita quasirepellente del vecchio padre Tempo e la delicata materia serica della veste diVenere. Tutto rientra nell’estetica caravaggesca e l’autore arriva addiritturaad attingere dal repertorio figurativo del Merisi per ideare la posa della figura urlante a braccia aperte di Amore, che deriva dal ragazzo che fuggeinorridito dalla scena del Martirio di san Matteo nella Cappella Contarelli diS. Luigi dei Francesi. A dispetto del suo straordinario fascino, questa telasembra ignota alla letteratura artistica e alle fonti documentarie.L’inventario dell’eredità del nobile senese Adriano Sani (1729) registra undipinto con “il tempo che leva le penne all’ali di amore di Raffaello Vanni concornice dorata” (Archivio di Stato di Siena, Curia del Placito, 313, c. 66.L’inventario è disponibile on line: Getty Provenace Index, Arch. doc, I-1818).Ho riconosciuto con certezza l’opera in un dipinto già in possesso degli eredidella famiglia Sani, attribuendolo al tardo caravaggista, oriundo dei territorisenesi, Giovanni Antonio Galli detto lo Spadarino (Marco Ciampolini, Novità suCavalier d’Arpino e Rustichino: appunti sul collezionismo senese dei caravaggeschi,una proposta per Spadarino e un possibile Vouet, in Atti della giornata distudi Francesco Maria del Monte e Caravaggio, a cura di Pierluigi Carofano,Monte Santa Maria Tiberina, 2 ottobre 2010, Pontedera, Bandecchi & Vivaldi,2011, p. 56 fi g. 7). Questo dipinto, in seguito, è stato alienato dallafamiglia e venduto all’asta Pandolfi ni di Firenze con il generico riferimentoa “Pittore caravaggesco, sec. XVII” (15 ottobre 2013, pp. 112-113 n. 116, fi g.col.). Tuttavia la notizia è interessante, si tratta di un’ulteriore provadell’interesse dei committenti senesi per questo soggetto. Nel 1613 il Mancini,appunto, non avendo potuto ottenere la Punizione di Amore di Caravaggio, feceeseguire da Bartolomeo Manfredi una replica variata del soggetto per AgostinoChigi, rettore dello Spedale di Santa Maria della Scala a Siena, ossia lostraordinario Marte che punisce Amore, oggi nell’Art Institute di Chicago (cfr.Maccherini, Novità su Bartolomeo Manfredi...cit., pp. 131- 133). Anche ildipinto in esame è di probabile committenza senese, infatti l’opera è concertezza di Rutilio Manetti, il più sincero caravaggista di Siena e ilcaposcuola della città nella prima metà del Seicento. La fi gura del Tempo èstata indubbiamente partorita dalla stessa mano che ha dipinto il profeta Isaianell’Immacolata con i profeti David e Isaia di S. Niccolò degli Alienati aSiena, mentre il volto di Venere si lascia confrontare con quello dell’angelodi destra del Lot intrattenuto dagli angeli del Keresztèny Múzeum di Esztergom(sui dipinti di S. Niccolò degli Alienati e di Esztergom vedi AlessandroBagnoli, Rutilio Manetti 1571-1639, catalogo della mostra, Siena, PalazzoPubblico, 15 giugno-15 ottobre 1978, Firenze, Centro Di, 1978, pp. 123-124 n.58a, fi g.; Marco Ciampolini, Pittori Senesi del Seicento, Siena, NuovaImmagine Editrice, 2010, pp. 256, 285 tav. 144 col., con precedente bibliografia). Si tratta di due opere di Rutilio Manetti collocabili intorno al 1630(l’Immacolata è firmata e datata 1629), periodo in cui il pittore approfondiscenella sua arte l’indagine realistica, sottolineando, senza compiacenza, gliaspetti più crudi della realtà e intensificando lo studio dei valori matericidegli oggetti o dei panneggi che riproduce. Un’esigenza nata forse in seguito aun soggiorno a Roma (non documentato e non ancora postulato dalla critica, macollocabile nel 1627 anno in cui abbiamo un singolare vuoto di notizie sulManetti), che spiegherebbe il ripasso sulla produzione di Caravaggio e dei suoipiù fedeli seguaci, rilevabile nelle opere di questo periodo, come quella inesame, con l’esplicito richiamo al fanciullo che grida nel Martirio di sanMatteo Contarelli del Caravaggio che si ripete nella Resurrezione di S. Niccolòin Sasso a Siena, una pala commissionata nel 1629 e ultimata nei primi mesi del1631 (cfr. Bagnoli, Rutilio Manetti...cit., p. 126 n. 60), che elaboraanch’essa in chiave teatrale, quasi a passo di danza, la spettacolarità digesta, emozioni, luci e colori, insita nella cultura caravaggesca.

 

Marco Ciampolini

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