ANTIQUARIATO, AUTORI DEL XIX E XX SEC - I

85

Donato Arsenio Mascagni detto Frà Arsenio
(Firenze, 1570 - 1637)

Giobbe sul letamaio

Olio su tela
cm. 117x236

L’opera è da ricondursi su base stilistica alla mano del pittore fiorentino Donato Mascagni (c. 1570 - 1637). Formatosi presso la bottega di Jacopo Ligozzi, ove fu posto da fanciullo, collaborò alla decorazione della Tribuna degli Uffizi (1584) e agli incarichi per l’ingresso in Firenze della granduchessa Cristina di Lorena (1588-89), oltre che alla pittura dei quadroni in lavagna del Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio raffiguranti l’Ambasceria di Bonifacio VIII e l’Incoronazione di Cosimo I granduca di Toscana. Al 1593 risale l’iscrizione all’iscrizione all’Accademia del Disegno, che contraddistingue l’avvio di una autonoma attività artistica. Il primo incarico di rilievo a lui affidato riguarda l’esecuzione dei dipinti per il monastero camaldolese di Volterra, commissionatigli tra il 1595 ed il 1599 dall’abate Crisostomo Ticci. Questi includono il ciclo di affreschi con storie di santi del refettorio, che ospitava anche la grande tela con le Nozze di Cana adesso ubicata nella sala del consiglio comunale; la Natività della Vergine del 1599, oggi presso la Pinacoteca di Volterra; e un Giobbe sul letamaio, datato 1595, ricordato da Filippo Baldinucci e dal Cinci come “un miracolo dell’arte”. Il dipinto, attualmente conservato presso il Palazzo dei Priori, fu eseguito per il quartiere dell’abate Ticci.

La presente tela si dimostra significativamente vicina a questa importante opera, nella scelta compositiva e stilistica. I personaggi e la scena ritratti sono gli stessi, con la differenza che a Volterra la scena si allarga sulla destra a raffigurare la rovina di Giobbe, e qui due astanti. Analoga la fisionomia e l’incedere incalzante della moglie, che richiama i tipi del Ligozzi, mentre diversa è la posa del protagonista, che nel nostro dipinto stringe le braccia e i pugni nello sforzo di sostenere il dolore e di accettarlo, un gesto inconsueto che Mascagni rappresentò anche in un’altra sua opera, la celebre Storia del conte Ugolino. I caratteri dello stile sono tipici dell’artista, con il disegno un po’ geometrizzante delle vesti, la tavolozza squillante dei rossi e dei gialli, i toni del violetto.
Rispetto al dipinto volterrano di analogo soggetto il nuovo quadro appare più maturo, per l’emergere di un gusto neomanierista, più sintetico e concentrato sulla rappresentazione dei protagonisti, rispetto ai modi più descrittivi dell’opera destinata all’abate Ticci.
Il percorso dell’artista, del tutto originale e per certi versi “contrario ai tempi”, sarà proprio contraddistinto dalla evoluzione verso una pittura “anti-naturalistica” e protocinquecentesca, dal disegno schematizzante e dalle accese gamme cromatiche.
Il dipinto è da ricondursi ad una committenza illustre, dichiarata dallo stemma effigiato al centro dell’opera.
Lucilla Conigliello.

€ 20.000,00 / 30.000,00
Stima
Valuta un'opera simile